TIENI DURO, MAURO
CAVALIERI
Mauro Cavalieri si allentò la
cravatta e guardò fuori dal finestrino. La radio
trasmetteva sottovoce qualche hit di quell’estate che
lui non aveva neppure avuto tempo né di conoscere né di
apprezzare. Davanti ai suoi occhi scivolava veloce la
campagna siciliana bruciata dal sole di quell’estate
caldissima. In lontananza l’Etna vegliava il territorio,
come un maestro saggio pronto a riscaldarsi senza
preavviso.
Era la prima volta che metteva
piede in Sicilia. Strano a pensarsi. Sua nonna, la madre
di suo padre, veniva proprio da lì. Ma una volta giunta
a Roma, appena ventenne, non aveva lasciato parenti da
cui tornare, e così quelle radici erano andate quasi
interamente perdute. Non che lei non ci avesse messo più
piede. Al contrario. Mauro sapeva che suo padre, da
bambino, aveva passato molte estati da quelle parti e lì
aveva costruito tanti ricordi che lo avevano reso l’uomo
che era diventato, fino a quel tragico incidente. Ed, in
un certo senso, Mauro aveva sempre voluto visitare quei
luoghi, per conoscere meglio quel Ruggero Cavalieri così
vicino e così distante… O forse non era vero. Forse
aveva volutamente allontanato quei pensieri per non
trovarsi nuovamente di fronte al suo fantasma.
Non sapeva neppure perché ci
stava pensando. Erano mesi che non lo faceva. Forse si
stava lasciando andare perché era solo e poteva
concedersi di riportare alla mente qualche flash di quel
tempo perduto, che non amava condividere con nessuno.
“Va a Piazza per lavoro?”, il
tassista cercò un po’ di compagnia.
“Sì”, fu la rapida risposta di
Mauro, senza alcuna voglia di uscire dal suo isolamento.
La pelle bianca testimoniava che
aveva passato ben poche ore al sole negli ultimi tempi e
che il mare lo aveva visto solo in foto. Perché ogni
volta che poteva concedersi un momento libero, e non
erano di certo tanti, la sua meta era una, ed una
soltanto.
Da quando si era costituita
l’aveva rivista solo due volte. Sempre impeccabile,
sempre austera, anche in quella prigione così
impolverata e piena di delinquenti di ogni categoria. Si
diceva che Tallinn fosse una zona ad alto tasso di
criminalità e dopo quello che aveva visto tra quelle
mura si era convinto che di certo non era una città
tranquilla. Tutta gente che era incredibile dover
continuamente accostare a Maarja, la sua Maarja…
Sarebbe voluto restare lì più a
lungo, avrebbe voluto essere costantemente presente, ma
gli era impossibile e Maarja per prima gli diceva che
doveva tornare a Roma, al suo lavoro, al suo mondo. Ma
alla sua scrivania era praticamente impossibile
concentrarsi su quello che doveva fare. Fortunatamente
era informato quasi quotidianamente su come procedevano
i fatti sia da Irina Berova, la migliore amica di
Maarja, che da Annika Ilves, l’avvocatessa di ferro che
aveva assunto la sua difesa.
Il problema, però, era che la
situazione era difficile. Decisamente difficile.
Perché, per quanto Maarja
dichiarasse di sentirsi perfettamente a suo agio,
ritirasse fuori la storia della sua famiglia ‘maledetta’
e fosse pronta ad affrontare tutto da sola senza
chiedere aiuto a nessuno, era intollerabile lasciarla
tra quelle mura ancora lungo, ma le speranze di farla
uscire erano alquanto flebili.
Anche perché la giornalista Alina
Semionova non aveva mollato l’osso. Al contrario. Aveva
visto che quella storia le faceva guadagnare soldi e
notorietà, ed avrebbe continuato a crogiolarsi in quella
manna inaspettata, scrivendo articoli sempre più
dettagliati, sempre più ricchi di fonti innominabili e
sempre più falsi, ma di sempre maggiore presa
sull’opinione pubblica e quindi di conseguenza anche
sulle decisioni del Commissario Khalinin.
Se avesse potuto avere tra le
mani quella donna… Gli bruciavano le dita. Alina
Semionova aveva provocato talmente tanto dolore che gli
sembrava assurdo pensare che potesse camminare
tranquillamente per le strade di Tallinn come se nulla
fosse. Doveva pagare per quello che aveva fatto. Doveva
pagare. E, a suo tempo, sarebbe successo. Ma che Dio non
gliela facesse incontrare sul suo cammino un’altra
volta, perché non sapeva come avrebbe reagito…
(segue...)
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