MAURO A L'AQUILA
TRE ANNI DOPO
Abruzzo, Italia
Maggio 20..
Sei mesi circa prima del Settimo Incarico
La strada procedeva veloce.
Una mano sul volante, l’altra che
si toccava la fronte.
Una galleria e Mauro si immise
nella corsia di sorpasso.
Sul sedile accanto la sua
ventiquattrore, dove vi era tutta la documentazione che
gli aveva preparato Sabrina Serafini, la sua segretaria,
sulla Perdonanza Celestiniana.
L’aveva letta appena, doveva
ammetterlo.
O meglio, l’aveva sì e no
sfogliata.
Era molto poco concentrato su
quell’incarico. Non per motivi propri della vicenda. Ma
per sue questioni personali. Ed aveva anche tentato di
convincere Augusto Di Belardino ad inviare Maurizio
Serpentini al suo posto.
“Sono appena rientrato dalla
Russia”, aveva tentato di spiegare al suo superiore.
“Serpentini non va in missione da quattro mesi. Manda
lui”.
Di Belardino si era accigliato
sorpreso ed aveva chiuso la porta del suo ufficio prima
di rispondergli. “Cosa c’è, Mauro?”.
“Niente. Davvero. Penso che sia
giusto dimostrare un po’ di fiducia a Serpentini”, aveva
replicato Mauro molto poco convincente.
“Mauro?”, aveva ripetuto Di
Belardino stringendosi le mani dietro alla schiena.
“Va bene. Vado”, aveva infine
capitolato Mauro.
“Pensavo che la gita a Capri ti
avesse rilassato. Cosa c’è di nuovo?”, aveva insistito
Di Belardino rimanendo immobile. Il suo ufficio dava ad
ovest e a quell’ora del pomeriggio entravano raggi di
sole che mettevano in evidenza tutto l’ordinato
disordine di quella stanza, dai faldoni impilati nella
libreria, alla giacca lasciata sull’attaccapanni da
almeno una settimana, al tagliacarte dorato, dono per il
suo trentesimo anno di attività in quell’ufficio.
“E’ tutto a posto. Mi faccio
preparare la documentazione da Sabrina”, aveva chiuso il
discorso Mauro, salutando e tornando nella sua stanza.
Era vero. Era stato a Capri. Dopo
la trasferta di quasi tre settimane in Russia gli
avevano concesso qualche giorno libero, e lui aveva
pensato che fosse arrivato il momento di mostrare a
Maarja uno dei posti più belli d’Italia. Specialmente
per lei, che sentiva la mancanza quasi fisica del mare
da che era scesa a Roma.
Mauro scosse la testa.
Superò un’altra auto e proseguì
su un cavalcavia che faceva sobbalzare l’auto.
Accese la radio.
Partì il cd che aveva scelto per
quel viaggio. Ma quella volta Beethoven non riusciva a
rilassarlo in nessun modo.
La rispense.
Si massaggiò le sopracciglia e
tornò con entrambe le mani sul volante.
Al suo ritorno era arrivata
l’e-mail che aspettava. O meglio, l’e-mail era attesa.
Non il suo contenuto.
(segue...)
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