LE OMBRE DI MILOS
OLOWSKI
New York, Stati Uniti
Luglio 20..
Poco più di quattro mesi prima del Settimo Incarico
Milos Olowski si lasciò andare e
posò la testa sul pavimento spoglio e freddo.
Cinquanta addominali.
E il sole non era ancora sorto.
Non aveva dormito quasi niente
quella notte. Né quella precedente. E quella prima
ancora. A dire la verità non aveva memoria di quando
avesse dormito realmente bene negli ultimi tempi.
Sicuramente non dopo aprile.
Si passò le mani sulla fronte e
sui capelli cortissimi.
Il sudore gli scorreva sul collo,
sulle braccia, lungo la schiena.
Aveva fame? Forse. O forse no.
Anzi, decisamente no.
Preferiva di gran lunga rimanere
lì a fissare il soffitto crepato di quel piccolo
appartamento di New York.
Distese le braccia perpendicolari
al corpo e rimase immobile a cercare chissà cosa in quel
bianco sbiadito.
E il tempo passava. Ogni minuto
pesante come un macigno. Come se fosse eterno.
Era arrivato a New York da
qualche mese.
Padre boemo e madre americana di
seconda generazione.
Aveva vissuto la maggior parte
della sua vita nel Michigan.
Ma non amava parlare di quei
tempi.
Non lo faceva mai con nessuno.
Nessuno.
Chiuse gli occhi.
Doveva dimenticare il suo
passato. Doveva imparare a non dedicare neppure un
angolo di mente a quello che era stato. E concentrarsi
unicamente sul presente e su quello che doveva fare.
Con uno scatto di reni si mise a
sedere ed era già in piedi.
Afferrò con decisione una maglia
senza maniche dell’Università del Michigan e se la
infilò mentre andava verso il comodino.
Un mazzo di chiavi, un
portafoglio senza soldi, qualche moneta. Prese in mano
un oggetto. Poi scosse il capo. “No. Oggi no”, disse
senza voce, e lo richiuse dentro ad un cassetto.
Afferrò la sua sacca e si
avvicinò alla porta.
Poggiò per un attimo la fronte
contro quel legno sporco ed ombroso. Un anno prima lui…
Abbassò la maniglia con forza ed
era già fuori.
(segue...)
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