PRIMULA ROSSA VS NIGEL
TAYLOR
dicembre 20..
pochi giorni dopo ‘Il complotto di Roma’
Courtney Bowes-Lyon, capelli scuri lunghi sulle spalle,
occhi marroni, una giacca elegantemente posata sulla
sedia, diede un’ultima occhiata all’agenda elettronica e
poi spense il cellulare.
L’orologio aveva superato la mezzanotte, ma Courtney
aveva difficoltà a pensare di andare a dormire.
Non si sentiva così dai tempi dell’Università. Neppure
quando Brandon le aveva chiesto di sposarla era stata
così eccitata. Forse perché già allora sapeva che il
matrimonio non sarebbe durato se non quattro, massimo
cinque anni. Ma aveva una reputazione da rispettare e
non poteva evitare di sposarsi.
Anche perché era sicuramente più interessante una donna
divorziata di una zitella.
Ma ora… ora…
Si sentiva elettrizzata ed un’energia le attraversava il
corpo, regalandole la giusta predisposizione d’animo in
vista dell’indomani.
Già… l’indomani.
Dopo anni di splendidi successi, infine, Brett Burke
l’avrebbe nominata socia del prestigioso studio legale
presso cui lavorava. A trentotto anni. E in un ambiente
tradizionalmente maschilista, che mai aveva accolto una
donna nella “cerchia ristretta”.
Un record che nessuno si sarebbe aspettato potesse
essere raggiunto così presto.
Non da lei.
Ma lei aveva sempre amato le sfide impossibili.
Ed ora la meta era ad un passo.
Tutte la guardavano con ammirazione, come un faro da
emulare, come l’esempio a cui rapportarsi.
Josette Dickson, perennemente a dieta e l’unica del
gruppo a non essersi mai sposata.
Morgan Verity, un’urban stylist già divorziata due
volte.
E Pamela, la dolce Pamela…
Strinse i pugni e si sistemò le maniche della blusa blu
elettrico.
Si conoscevano dai tempi del liceo. Erano un gruppo
inseparabile. E da sempre Courtney era stata la leader.
La prima ad essere invitata ai balli. La migliore per
risultati scolastici. Indiscutibilmente la più bella. E
indubbiamente la più intelligente.
Si mise le dita davanti la bocca per coprire un
sorrisetto. Un gesto che la distingueva, senza che
Courtney ne fosse consapevole.
Non si sentiva così felice dai tempi in cui era stata
scelta nel direttivo del consiglio universitario. Anche
se quella gioia era stata ovviamente mitigata dal fatto
che anche Josette aveva lavorato a fondo per ottenere
quel posto. Si era anche offerta di rinunciare alla
nomina per passarla a Josette, ma l’amica non ne aveva
voluto sentir parlare.
North Wembley, London, Inghilterra
Pamela Warwick era seduta sul letto. Un letto che
conosceva, ma che non sentiva più suo.
La luce della luna entrava dalla finestra.
La via era silenziosa.
La casa aveva finalmente iniziato a tacere.
Sua madre era andata a dormire e suo fratello si era
chiuso in camera.
Aveva sbagliato a tornare in quella casa, lo aveva
capito fin da quando aveva suonato alla porta e si era
presentata a sua madre. Solo che non aveva avuto idea di
dove andare e in quel momento di nebbia e paura la sua
casa di origine le era sembrata la risposta più sensata.
Anche se forse avrebbe dovuto andare dalla nonna. Sì, lì
sarebbe stata meglio. Sicuramente.
Si asciugò gli occhi senza forze.
Quello che era accaduto negli ultimi tre giorni era
impossibile.
Il mondo non poteva cambiare in quel modo, senza alcun
preavviso.
Non poteva aprirsi il baratro, non si poteva sprofondare
in quel modo…
Aprì la bocca per respirare.
I lunghi capelli biondi le scivolavano disordinati sulla
schiena.
Un braccialino d’oro le circondava il polso.
Lo notò. Come se si rendesse conto solo in quel momento
di averlo ancora addosso.
Con dita tremanti cercò la chiusura. Con il pollice
tentò di aprirla, ma si richiudeva in continuazione.
Si concentrò per fermare quel tremito. Infine riuscì a
liberarsene e lo gettò a terra.
Non era possibile. Era tutto assurdo.
Era vero, ultimamente Nigel si era allontanato. Il
lavoro lo aveva stancato. E c’era qualcosa di sfuggente
in lui. Se ne era accorta, anche se aveva tentato in
tutti i modi di negarlo a se stessa.
Il loro rapporto si era raffreddato e lei per prima lo
aveva tenuto lontano.
Ma non riusciva a credere che fosse vero.
Non ci riusciva.
Quattordici anni di matrimonio e sperava di aver
meritato almeno il suo rispetto.
“L’ho visto a Londra, posso giurartelo”, aveva detto
Courtney.
“No, non è possibile”, aveva risposto nervosa Pamela
sistemandosi i capelli dietro l’orecchio. “Si trova nel
Surrey. Ci sono degli americani che…”, si era
interrotta. A Courtney non dovevano interessare i
contrattempi di suo marito, si era detta.
“Senti. Non dovrei dirtelo. Ma ti sono amica, no? Vero?
Lo sai che ti sono amica?”, aveva ripetuto Courtney.
“Certo”, aveva sorriso confusa Pamela. “Ma ti sbagli.
Sono sicura”.
“Pamela”, Courtney le aveva messo la mano sul polso e le
aveva cercato gli occhi. Un velo di compassione in
quello sguardo solitamente così determinato.
“Cosa…?”.
Courtney aveva stretto la mano sul polso e aveva
respirato profondamente.
“Io…”, aveva iniziato Pamela.
“Stava baciando un’altra”, l’aveva informata.
Pamela aveva scosso il capo.
“Dovevo dirtelo, capisci?”.
“Si trova nel Surrey…”.
“Era a Londra”, aveva ribadito solenne Courtney.
“No…”.
“Non te lo avrei detto, ma non posso rendermi complice.
Lo capisci, questo?”.
Pamela aveva irrigidito le gambe e non aveva trovato
altre parole.
“Era una ragazza bionda. Piuttosto giovane. Si trovavano
in un locale un po’ appartato. Ma non ho potuto vedere
molto. Capisci? Insomma…”, e non aveva aggiunto altro.
“Io…”, ma Pamela era incapace di formulare un pensiero
coerente. Se non che quella storia le sembrava
impossibile. No. Non Nigel. Non a lei. Non così. Non in
un locale pubblico. Non…
Pamela ricominciò a piangere.
Non aveva creduto alle parole di Courtney.
Aveva tentato di difendersi.
Di proteggersi.
Aveva voluto dimostrare a se stessa che la sua amica si
era sbagliata.
Saint Albans, Hertfordshire,
Inghilterra
Nigel Taylor era seduto sul letto.
Il cellulare in mano in attesa di una risposta di
Midwinter.
Non aveva riacceso la luce.
Gli occhi erano abituati all’oscurità e non aveva
piacere di vedere quella stanza svuotata di qualsiasi
cosa potesse essere legato a Pamela.
Quando era arrivato quella sera si era aspettato
qualcosa di diverso. Di decisamente diverso.
Si passò le dita sopra alla ferita che aveva cominciato
a pulsare.
Doveva recuperare la sua consueta freddezza e rallentare
il battito del cuore.
Era vero. Non l’aveva chiamata per tre giorni. Ma non
era stata una sua colpa.
Si trovava in ospedale, sedato dopo due operazioni
durate più di due ore per estrargli il proiettile che
Raul Wittenberg gli aveva sparato nello stomaco.
Era stato tra la vita e la morte.
Ma Gem, a capo dell’MI6, aveva reputato non opportuno
avvertire sua moglie.
“Dovevamo difendere la tua copertura. Se si apre uno
squarcio, crolla tutto”, aveva decretato Gem quel
pomeriggio. “Ed ero sicura che saresti uscito anche da
questo, Primula Rossa”.
“Capisco”, aveva risposto l’agente segreto senza tradire
alcuna emozione.
“Tua moglie non deve sapere niente di quello che fai.
Per lei sei e sarai sempre e solo un agente immobiliare.
Hai accettato questa clausola quattordici anni fa”.
“Certo”.
Oggettivamente Gem aveva avuto ragione. Pamela non
doveva essere avvertita.
Intimamente Nigel però non condivideva quella scelta.
Sapeva benissimo che quel colpo avrebbe potuto
ucciderlo. Ancora non si capacitava di come i medici
fossero riusciti a salvarlo. E se non ce l’avesse fatta,
Pamela avrebbe avuto tutto il diritto di essere
convocata in ospedale.
Era Pamela la sua famiglia.
Non Gem.
Era lei ad aver il diritto di dare indicazioni ai
medici.
Ad autorizzare.
Ma forse si ingannava.
Forse intimamente voleva solo che quel castello di bugie
avesse fine. Perché gravava sul suo matrimonio come un
macigno.
Il cellulare suonò nella sua mano.
“Ebbene?”, rispose.
“Sudbury Hill Close 5, North Wembley, Londra”, riferì
Midwinter, capo analista informatico dell’MI6 da un
anno, ingrandendo la mappa tridimensionale sullo schermo
del computer. Una luce pulsava da una stanza sulla
sinistra. Anche se spento, il cellulare di Pamela poteva
essere velocemente rintracciato. E così era stato. “La
casa appartiene a…”.
“So a chi appartiene, Midwinter. Grazie”, e Primula
Rossa aveva già riattaccato.
Forse avrebbe dovuto immaginarlo.
Sua madre.
In quale altro luogo si sarebbe potuta rifugiare sua
moglie?
Avrebbe preferito che fosse andata dalla nonna.
Sybil era una donna dolce ed amabile, e qualunque cosa
fosse accaduta avrebbe saputo accogliere con maggior
empatia Pamela. Avrebbe cercato di comprenderla e di
darle conforto.
Sua madre no. Sua madre avrebbe solo provato un intimo
trionfo per i problemi coniugali della figlia. Eunice
aveva divorziato dal padre di Pamela da moltissimo
tempo, da prima che Nigel conoscesse la sua futura
moglie all’Università. Da allora aveva stabilito che
tutti gli uomini fossero la feccia della terra, utili
solo ad essere sfruttati e mai ad essere amati. Perché
era impossibile che provassero alcun tipo di sentimento.
Ad eccezione di suo figlio maggiore, Dwight, che viveva
ancora con lei. E che in un certo senso condivideva le
teorie della madre. Aveva praticamente disconosciuto suo
padre. Ed aveva sempre ritenuto il matrimonio della
sorella come “il suo sbaglio più grande”.
Qualunque cosa fosse accaduta, Pamela non avrebbe
trovato conforto in quella casa. L’avrebbero solo spinta
ad allontanarsi da lui ancora di più. L’avrebbero
ferita. Le avrebbero macchiato anche i ricordi più
belli. L’avrebbero fatta sentire sola e tradita.
“Pamela…”, gettò il cellulare sul cuscino. “Cosa è
successo, Pamela?”.
La ferita pulsava. Ma questa volta non ci fece caso.
“Perché non mi hai aspettato? Perché non mi hai
affrontato”.
Posò le braccia all’indietro e distese la schiena.
“Tre giorni fa mi sembrava che fosse tutto normale. E
ora? Perché?”.
Espirò profondamente.
“Meritavo più di questo. Meritavamo più di questo”.
Strinse le mani sulla sopraccoperta.
“Non credere a quello che ti diranno su di noi”.
Le spalle rigide.
“Sono stati loro a dirti di staccare il cellulare, vero?
Perché non vogliono che parliamo. Perché vogliono
convincerti che non ci amiamo. Ma tu non ci credere. Io
ti amo. Anche se ti ho detto una montagna di bugie. E lo
sai”.
Si lasciò cadere sulla schiena.
“Non puoi non saperlo”.
Gli occhi fissi sul soffitto bianco.
“Non stare male, Pamela. Aggiustiamo tutto. Te lo
prometto”.
(segue...)
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