Erano
le 10:00 del mattino quando mi svegliai. La casa era
silenziosa, quasi da far paura. Dalle persiane
semiaperte entrava della luce, che a tratti illuminava
le coperte che, avevo stropicciato. Provai a gridare il
nome di mio fratello, per vedere se era in casa, quando
scorsi tra due piccoli libri un biglietto. Già dalla
scrittura mi accorsi che era da parte di Mauro. Iniziai
a leggerlo tra me e me: “Cara Lisi, ho ricevuto un’
e-mail urgente dal mio capo, Di Belardino, per cui mi
devo recare nel suo ufficio per discutere della
faccenda. Ci vediamo all’ora di pranzo, baci Mauro.” Mi
scrisse quel giorno mio fratello, mentre io me ne stavo
beatamente sdraiata sul letto, rannicchiata tra le
pesanti coperte.
Dopo essermi alzata, mi diressi verso il salotto e
guardai la televisione per un po’ di tempo, quando poi
iniziai ad avere alcuni sospetti sui motivi per cui
Mauro se ne era andato con così tanta fretta dal suo
capo senza nemmeno potermi aspettare. Sembrava non
tornare più, così iniziai ad indagare anch’io. Tornai
nella camera da letto, presi il computer portatile di
Mauro e controllai se per caso, tra le ultime E-mail
ricevute, c’era qualcosa che mi potesse interessare.
Dopo lunghi minuti trovai in fondo alla lista il nome di
Di Belardino. Cliccai due volte su quel nome e si aprì
una pagina che non feci nemmeno in tempo a leggere
quando sentii qualcuno bussare alla porta: era Mauro.
Cercai di leggere quel foglio di sfuggita. Prima di
andare ad aprire, lessi che Mauro era stato chiamato per
risolvere un altro caso, ma questa volta era proprio a
Roma, nella nostra città. Appena aprii la porta, chiusi
il computer, in modo che mio fratello non potesse
vedermi.
Accompagnai Mauro in sala da pranzo: quello fu un pranzo
silenzioso, mio fratello non aprì bocca, sembrava come
essere infastidito dalla mia presenza. Cercai di
iniziare il discorso, provando a capire quale fosse il
preciso incarico, per cui questa volta era stato
chiamato. Inizialmente Mauro non mi rispose, intuendo
che forse avevo già capito qualcosa. Avevo capito che
anche questa volta non mi avrebbe voluto portare nelle
sue indagini.
Mauro uscì senza degnarmi di uno sguardo. Io con aria
sospetta lo seguii, credendo che non si fosse accorto di
me.
Appena fuori il portone di casa, Mauro mi vide, con un
tono scocciato mi chiese di andargli a prendere un caffè
al bar davanti casa. Dispiaciuta io obbedii e lasciai
che Mauro sbrigasse i suoi affari da solo, ma per me non
era ancora finita, avrei continuato le mie ricerche.
Tornai a casa, ero preoccupata per mio fratello e
cominciai a cercare un po’ tra le e-mail mandate da Di
Belardino per vedere se qualcosa era cambiata
nell’ultimo giorno. Leggendo le e-mail riuscì a capire
di cosa trattava.
Ultimamente c’erano stati furti e saccheggi. Di
Belardino credeva che i saccheggiatori avrebbero colpito
ancora, questa volta però avrebbero colpito su famose
fontane e altri monumenti importanti. Contenta della mia
scoperta avrei fatto di tutto pur di partecipare alle
indagini. Quel pomeriggio passò lentamente, Mauro tornò
a casa verso le 20 con aria veramente triste.
C’era stata un’altra rapina, i ladri dovevano essere
veramente intelligenti! Andai a dormire senza nemmeno
cenare, ero troppo avvilita. Mauro, lasciandomi
sbalordita, mi invitò a indagare insieme a questo nuovo
caso. “Questa volta non ho dovuto faticare per far parte
di questa nuova missione” pensai fra me e me.
La mattina dopo mi alzai e capì che quella si sarebbe
rivelata una giornata piena di impegni. Vidi Mauro che
ronfava beatamente nel suo letto mentre io preparavo la
colazione. Ero eccitatissima, finalmente avevo un altro
caso da risolvere.
Mauro si svegliò poco dopo e iniziò a gironzolare per la
casa. Lo chiamai per la colazione. Parlammo del caso e
di come poterlo risolvere. Appena finita la colazione ci
dividemmo: Mauro di diresse in centro, mentre io dalla
parte opposta. Andai in giro e chiesi informazioni sugli
ultimi strani fatti accaduti. Ricavai da un’anziana
signora alcune informazioni: “Mentre alcuni ladri
agivano, nella città apparivano veri e propri fantasmi
che spaventavano la gente, costringendola a rinchiudersi
nelle loro case”. Contenta della mia scoperta, anche se
avevo qualche dubbio, mi diressi come previsto alla
pizzeria di Viale Parioli, per parlare con Mauro delle
nostre scoperte.
“Qualche scoperta, Lisi?” mi chiese curioso mio
fratello.
“Si!” risposi entusiasta. Una volta spiegata la mia
scoperta, ordinammo una pizza da portare a casa. Mentre
andavamo via, intravidi nel locale un uomo dall’aspetto
familiare.
“Certo è Kieran!” urlai.
Kieran urlò il mio frastuono e quindi si girò di scatto,
raggiungendomi sorpreso.
“Come mai sei qui, Kieran?” domandò Mauro perplesso.
“Scommetto che state cercando di risolvere un altro
caso”, disse ancora.
“Esatto hai indovinato” risposi.
Tra una chiacchiera e l’altra anche Kieran ci chiese se
poteva partecipare alla risoluzione del caso. Accettammo
volentieri la richiesta e ci dirigemmo verso casa con le
pizze in mano.
Nello stesso momento in cui attraversavamo la strada,
una macchina ci investì, facendoci cadere le pizze. Il
signore scese dall’auto, si scusò immediatamente, anzi
ci invitò a casa sua per farsi perdonare.
Mentre ci portava a casa, si presentò: “Scusate per
l’incidente di prima, comunque mi chiamo Mohamed”, ci
disse subito.
“Noi invece siamo Mauro, Lisi e Kieran”, disse mio
fratello.
Cosi arrivati a casa di Mohamed, ci accomodammo sul
divano in salone, mentre lui ci preparava il pranzo.
Quando tornò ci complimentammo per l’ottimo servizio del
suo fedele robot Cosimov.
Mohamed ci raccontò della sua vita da inventore. Il
robot entrò con il video telefono. Un signore
nell’immagine dichiarava che questo pomeriggio sarebbe
venuto da Mohamed. “Scusa, era mio fratello, Florenz. Al
contrario di me, ha un carattere scontroso e non è molto
educato.”
Nel pomeriggio ci invitò a fare un bagno in piscina
mentre lui andava ad accogliere il fratello
all’aeroporto. Dopo un po’, arrivò Florenz, fece un
tuffo. Capimmo subito che era un ragazzo maleducato.
Dopo le presentazioni se ne andò. Mohamed tornò dalla
banca e ci chiese come era andata con Florenz. “Venite
sediamoci a tavola, Cosimov ci preparerà la cena”.
Squillò il telefono: era di nuovo Florenz. Mohamed andò
in cucina dove iniziò a parlare con il fratello.
Sentimmo che gli diceva con tono scocciato di non dover
combinare altri furti, altrimenti la polizia l’avrebbe
scoperto. Sedevamo ancora a tavola, dove
involontariamente Kieran spinse involontariamente un
pulsante da uno strano telecomando. Delle immagini
vennero proiettate sul muro. “Non c’è dubbio sono i
fantasmi”, pensai io.
Dopo aver riflettuto un po’ su quello che avevamo visto,
capimmo che Mohamed aveva a che fare con i furti di cui
si parlava ultimamente. Quando tornò, non glielo facemmo
capire. Volevamo continuare ad indagare e capire se egli
era complice di quello che stava succedendo in quei
giorni. Cosi, alla fine della serata, dopo aver
ascoltato le chiacchiere di Mohamed, ce ne andammo a
dormire pensierosi, ripensando alle tante cose che
avevamo visto e ricavato in quella giornata.
Ma proprio quando pensavo di aver tratto una
conclusione, mi addormentai con la testa che mi
scoppiava perché avevo troppi pensieri per la testa.
La mattina seguente avevamo un piano: “Piazzeremo delle
telecamere sui monumenti di Roma” disse Mauro con tono
deciso e sicuro.
Mi ero appena svegliata e non capivo bene cosa stesse
dicendo.
“Ma come Lisi, non te lo ricordi, dobbiamo scoprire il
colpevole, quindi piazzeremo delle telecamere a
infrarossi, in modo tale da avere delle prove”. Annuì,
ma non ero del tutto sicura, così cercai di contrastare
quello che aveva detto Mauro, chiedendogli, anzi quasi
imponendogli, di tornare da Mohamed per cercare altri
indizi. Mauro concordò. Cosi dopo esserci vestiti ci
avviammo verso casa del nostro sospettato.
Passammo dal bar per fare colazione e, per nostra
sorpresa, incontrammo Mohamed. Stava bevendo un
cappuccino (caffè macchiato), la sua bevanda preferita.
Ci salutammo e Mohamed offrì un cappuccino anche a noi,
che bevemmo con gusto. Mohamed capì che anche noi
apprezzavamo molto questa bevanda. Dopo aver fatto
colazione, ci dirigemmo insieme a lui nella sua maestosa
villa.
Appena arrivato, Mohamed ricevette una videochiamata da
Florenz. “Ehi, ciao fratellone, come va? E i tuoi
amici?”
Dall’immagine intravidi che Florenz sul braccio destro
aveva un tatuaggio a forma di farfalla.
Mohamed ci ringraziò per avergli fatto compagnia, poi ci
accompagnò alla porta, lì appoggiò il braccio destro al
muro, la manica lunga scivolò fermandosi all’altezza
della spalla, scoprendo un tatuaggio uguale a quello che
Florenz aveva sul suo braccio.
Tornati a casa tutti e tre, ci sedemmo sul morbido
divano.
Chiesi concentrazione a Mauro, mi alzai e iniziai a
parlare “ Hai scoperto qualcosa?”, chiesi.
“No”, rispose Mauro.
“Io sì!”.
“Cosa?”, mi domandò Mauro.
“Ti ricordi al bar quando Mohamed aveva ordinato il
cappuccino? Il suo preferito?”.
“Che c’è di male?".
“Anche a Florenz piace la stessa cosa”.
“A me sembra che Florenz e Mohamed siano la stessa
persona”
“Giusto Lisi”, disse concordando Mauro.
Anche per il doppio tatuaggio.
Io arriverei anche a dire che le chiamate erano
registrate pensai, ma non lo dissi perchè poteva essere
sbagliato.
Nel pomeriggio ci dividemmo per appostare in un punto
nascosto delle piccole telecamere con il permesso della
polizia, così andò passando tutto il pomeriggio.
Sfiniti la sera andammo tutti a casa di Mauro, cenammo e
poi uscimmo in strada a vedere la situazione.
In strada non c’era anima viva, era deserta.
A pochi metri dal semaforo vedemmo dei fantasmi uguali a
quelli che avevamo visto sul telecomando. Ci avvicinammo
sospettosi e notammo che non erano dei veri fantasmi, ma
delle proiezioni fatte al computer. Avvertimmo la
polizia e dopo alcuni minuti eravamo circondati da
moltissime persone che volevano sapere cosa era
successo. Iniziammo a raccontare ,in un microfono ciò
che avevamo scoperto, ma la polizia prima di crederci
doveva avere delle prove, quindi insieme ai poliziotti
ci avvicinammo a quelli che sembravano fantasmi e gli
mostrammo che erano veramente finti, proiettati da una
macchina sul muro. Il giorno dopo, alla televisione
mandarono in trasmissione uno speciale su un mistero a
Fontana di Trevi, così andammo subito alla fontana per
vedere se le nostre telecamere avevano registrato
qualcosa di interessante. “Ehi Mauro quell’uomo sembra
davvero Mohamed”, dissi io sempre più incredula. “Ha
rubato anche le monete,oltre il fatto che ha distrutto
tutte le statue della fontana”mi rispose mio fratello.
Ci dirigemmo al commissariato di polizia. Mostrammo le
prove raccolte e organizzammo un piano per cogliere
Mohamed con le mani nel sacco. Avevamo deciso di andare
a casa del nostro ladro,mentre la polizia accerchiava la
casa. Così iniziammo subito l’ennesima nostra missione.
Una volta arrivati nella sua villa, parlammo a lungo con
lui.
“Sapete ragazzi sto tornando nel mio paese, l’Arabia, ho
già preparato le valigie”, ci raccontò Mohamed.
“Che peccato”, disse Kieran, che ci aveva accompagnato
anche oggi in missione. Finite le chiacchiere, insieme
al padrone di casa uscimmo fuori dal palazzo dove la
polizia lo attendeva e lo arrestò. Gli sbirri gli
aprirono la valigia e trovarono moltissimi soldi.
“Caro signor Mohamed, lei è veramente in una marea di
guai”, dissero in coro i poliziotti. “Hai molte
spiegazioni da darci”, ribadirono gli sbirri.
Lui iniziò a spiegare mentre noi ci godevamo la scena
compiaciuti. “Avevo un piano perfetto,ero sicuro di
poter vendicarmi contro Roma:gli effetti speciali dei
fantasmi finti, le video-chiamate registrate, per poi
tornarmene a casa con un bel bottino in monete. Era
successa la stessa cosa a mio fratello, ma me la
pagherete, ah se me la pagherete!”, disse Mohamed ormai
sconcertato.
Così un altro caso era stato brillantemente risolto
dagli agenti dell’Unesco, pensavo tra me e me,mentre il
ladro veniva portato in gattabuia. Mauro,quando
finalmente tutto era risolto venne convocato in ufficio
dal suo capo, Di Belardino che gli diede un grande
aumento.
Così mio fratello, per mia fortuna, tornò a casa con una
nuova macchina che mi aveva comprato, per averlo aiutato
nella risoluzione del caso.
Io contentissima, gli corsi incontro e lo abbracciai
dalla gioia. Eravamo riusciti, tra fratelli, a scoprire
il piano di un genio del male.
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