UN INVITO AD UNA FESTA
Io e Mauro
eravamo a casa e stavamo pranzando quando qualcuno suonò
alla porta, era il postino che ci consegnò una busta.
Conteneva un invito.
Il Duca Daniel De York
è lieto di invitarvi al ricevimento
che si terrà martedì alle 21.30 presso il suo Palazzo a
Mantova
Non avevamo ancora
finito di leggere l’invito che squillò il cellulare di
Mauro; sul display comparve il nome di KIERAN.
Il nostro amico in quel periodo si era appassionato agli
studi archeologici e stava frequentando un corso che era
stato organizzato nella città di Mantova.
“Ciao Kieran” disse Mauro “come va lì a Mantova?”
“Va a meraviglia” rispose Kieran “ho fatto una scoperta
sensazionale”
“Di cosa si tratta?” fece Mauro incuriosito.
“Esaminando degli antichi manoscritti sono venuto a
conoscenza di una leggenda secondo la quale all’interno
della torre dell’orologio, che si trova in Piazza Erbe,
vi sarebbe un passaggio nascosto che conduce ad una
stanza segreta, qui pare vi sia la tomba del famosissimo
pittore Andrea Mantegna. Come sai è da secoli che si
cerca di trovarla, infatti pare addirittura che il suo
corpo sia misteriosamente scomparso perché racchiudeva
in sé un segreto”
“Va bene Kieran, non aggiungere altro, domani io e Lisi
ti raggiungiamo, neanche a farlo apposta abbiamo
ricevuto l’invito per un ricevimento che si svolgerà
proprio a Mantova”
Il giorno seguente io e Mauro partimmo da Roma per
raggiungere Kieran a Mantova.
Quando arrivammo ci accolse con entusiasmo, avrebbe
voluto accompagnarci immediatamente a fare un
sopralluogo alla torre, ma io e Mauro eravamo molto
stanchi per il viaggio e preferimmo sistemarci in
albergo e dare appuntamento a Kieran per il giorno dopo.
Il giorno seguente avevamo appuntamento con Kieran nel
primo pomeriggio in Piazza Erbe, la mattina lui era
impegnato con una delle sue lezioni di archeologia.
Mentre aspettavamo Kieran Mauro mi fece notare la
bellezza della piazza, da un lato il duecentesco Palazzo
della Ragione con la massiccia Torre dell’Orologio e la
Rotonda di San Lorenzo, la chiesa più antica della città
costruita nel 1082; dall’altro lato i portici sotto i
quali un tempo si trovavano le botteghe di commercianti
e artigiani e ancor oggi si trovano i negozi più
eleganti della città. In città regnava una piacevole
atmosfera, gente che andava e veniva, qualcuno che si
fermava a prendere un caffé, qualcun altro che buttava
un occhio ai banchetti del mercato di fiori, frutta e
verdura.
I miei occhi si posarono inevitabilmente sulla torre e
sullo splendido e complicatissimo orologio che c’era
sulla facciata. Si potevano vedere le ore sia in numeri
romani che arabi, i segni dello zodiaco, le fasi lunari,
l’Equatore celeste.
“Bello eh!” fece una voce alle nostre spalle. Era Kieran
spettinato come sempre e con la sua inseparabile giacca
verde.
“Permettetemi di farvi da Cicerone” disse “ la torre
dell’orologio fu costruita nel 1472 su progetto del
celebre architetto Luca Fancelli, l’orologio fu aggiunto
circa venti anni più tardi ed è opera di un celebre
matematico, astrologo e costruttore di orologi che
operava alla corte dei Gonzaga, si chiamava Bartolomeo
Manfredi. Pensate che nell’antichità la gente guardava
l’orologio non solo per sapere le ore ma anche per
trovare consigli sui lavori dei campi, la medicine e il
commercio.
“Accidenti hai studiato!” disse Mauro ammirato.
“Questa città è veramente affascinante” fece Kieran con
un sorriso “ e a quanto pare nasconde anche dei misteri”
“E noi siamo qui per scoprirli” dissi io incominciando a
sentirmi emozionata.
“Bene, allora non perdiamo tempo” disse Kieran mentre si
avviava alla torre.
Salimmo le scale fino ad arrivare alla stanza che
conteneva il complicatissimo meccanismo che faceva
funzionare l’orologio; guardandoci intorno attentamente
riuscimmo a scorgere una piccola porta, coperta di
ragnatele e che quasi si mimetizzava con la parete.
Mauro la spinse con circospezione e con un forte cigolio
la porta si aprì. Al di là della porta vedemmo una
ripidissima e angusta rampa di scale, decidemmo di
salire. In cima alle scale c’era una porta accanto alla
quale vi era una combinazione a numeri romani
I II III IV
V VI VII
VIII IX X
Mentre Mauro e
Kieran provavano a trovare la combinazione, io vidi una
cordicella che pendeva dalla parete a fianco della
porta, attaccata alla cordicella c’era una chiave che
sembrava d’argento. Sulla chiave era riportata una serie
di numeri romani: IV – VII – X – VI .
“Guardate” dissi “potrebbe essere la combinazione”.
Kieran la provò: funzionava!
UNA TOMBA VUOTA
La porta si
aprì e, nella penombra ci sembrò di intravedere un’ombra
che si allontanava furtiva. Un po’ alla volta i nostri
occhi si abituarono alla luce fioca della stanza che era
illuminata solo da una piccolissima finestra. Al centro
della stanza vi era un sarcofago, doveva essere la tomba
di cui aveva letto Kieran. Ci avvicinammo col cuore che
batteva forte per l’emozione, ma …
“Oh no!” esclamò Mauro.
La tomba era vuota.
Rimanemmo per un po’ ad esaminare il sarcofago vuoto,
nella speranza di trovare qualche indizio. Toccando il
fondo della tomba Mauro sentì qualcosa sotto le dita, lo
prese, era un biglietto su cui era scritto:
Andate al campanile dell’ex convento di San Domenico
Mauro ci fece vedere il foglio.
“pensi che sia stato scritto per noi?” chiese Kieran
“Non lo so, l’unico modo per saperlo è andarci.”
“Meglio andarci domani” dissi io “adesso è già tardi e
io sto morendo di fame”
Kieran guardò l’orologio, a quanto pareva non ci eravamo
accorti del passare del tempo.
Quando uscimmo dalla torre stava nevicando e la cosa
migliore da fare era andare a cena in un bel ristorante,
a gustare qualche piatto tipico della rinomata cucina
mantovana.
Kieran, che era a Mantova da un po’, ci accompagnò in un
bel ristorante che dava proprio sulla piazza dove,
diceva, si potevano mangiare ottimi agnoli in brodo o i
famosi tortelli di zucca, stracotto d’asino con polenta
o il più raffinato cappone alla Stefani che, come ci
spiegò, era la specialità di un rinomato cuoco della
famiglia Gonzaga.
Poiché non riuscivamo a scegliere, decidemmo di farci
portare vari assaggi dei diversi piatti.
Stavamo gustando gli ottimi secondi, quando un signore
si avvicinò al nostro tavolo, si presentò:
“Mi chiamo Paul” disse tendendoci la mano con un sorriso
“sono un archeologo”.
Dall’aspetto dimostrava circa ventisette anni.
UN NUOVO COMPAGNO
Paul rimase
a parlare con Mauro molto a lungo, Kieran invece doveva
incontrare un amica che frequentava con lui le lezioni
di archeologia, a quanto pare dovevano scambiarsi degli
appunti e io decisi di tornare in albergo, perché ero
piuttosto stanca.
Quando Mauro rientrò era notte fonda, io stavo facendo
finta di dormire, ma in realtà l’agitazione mi teneva
sveglia.
Mauro mi chiamò per raccontarmi quello che Paul gli
aveva detto.
“Lisi sei sveglia?”
“Si, racconta!” dissi
“Devi sapere che Paul è un archeologo e, indovina un
po’, quell’ombra che ci era sembrato di vedere oggi
nella torre era proprio lui”
“E cosa ci faceva lì?”
“Stava indagando come noi sulla tomba di Andrea Mantegna”
“Ed è stato lui a lasciarci quel biglietto?”
“Si, voleva collaborare con noi, ma senza farlo sapere
al suo capo, per questo ci dava appuntamento al
campanile di San Domenico, lì vicino c’è casa sua, ed è
lì che ha portato il corpo di Mantegna”
“Allora è stato lui a prenderlo” dissi “E perché non
voleva farlo sapere al suo capo?”
“Pare che quell’uomo volesse rubare la salma di Mantegna
per poi venderla all’estero”
Dopo queste rivelazioni ero certa che non avrei dormito,
ma per fortuna la stanchezza ebbe il sopravvento e
riuscii a riposare almeno per alcune ore.
La mattina seguente, dopo avere avvisato anche Kieran,
ci recammo a casa di Paul, dove in una teca di vetro era
deposto il corpo del grande pittore.
“Ma siamo proprio certi che sia il corpo di Mantegna?”
disse Kieran “non ci sono prove della sua identità.”
Mentre Mauro lo esaminava una moneta da 1 Euro scivolò
dalla tasca della sua giacca e cadde proprio dentro la
bocca della salma, subito Mauro infilò le dita nella
fessura sdentata.
“Ma cosa fai?!” gridai inorridita.
“Recupero la moneta” disse Mauro disinvolto.
“Ma non sarai mica impazzito, è solo un Euro!”
Ma ormai le dita di Mauro frugavano nella bocca di
Andrea Mantegna.
“Ehi, guardate qua” disse Mauro “c’è qualcosa”
E tirò fuori un minuscolo pezzo di carta arrotolata.
Mentre Mauro lo apriva tutti trattenemmo il respiro.
Sul foglio c’era una piccola mappa del Duomo di Mantova,
ma la mappa era solo metà.
LA FESTA DEL DUCA
Quella sera
io e Mauro andammo alla festa di Daniel De York.
Il Duca abitava in uno splendido Palazzo nel centro di
Mantova, e si diceva che fosse uno dei discendenti dei
duchi di Mantova.
Io continuavo a pensare alla parte di mappa che Mauro
aveva trovato nella bocca di Mantegna e mi chiedevo se
saremmo riusciti a trovare la parte mancante, perché
sapevo che solo quella che ci avrebbe aiutato a
risolvere il mistero.
Il ricevimento era davvero sfarzoso e il banchetto era
degno della fama del duca, io stavo gustando una
deliziosa fetta di torta quando vidi Mauro che si
allontanava, a gesti mi fece capire che voleva andare in
bagno, ma conoscendolo pensai di seguirlo.
In effetti Mauro non doveva andare in bagno, voleva
semplicemente dare un’occhiata al palazzo del duca.
Girovagando di stanza in stanza capitammo in una
splendida biblioteca, con scaffali pieni di libri che
arrivavano fino al soffitto. Guardando in alto, non mi
accorsi che una tavola del parquet era sconnessa e vi
inciampai. Io caddi e la tavola si alzò completamente
dal pavimento, nel buco che aveva lasciato vidi qualcosa
che luccicava. Senza fare caso a Mauro che mi prendeva
in giro per la mia goffaggine raccolsi l’oggetto
luccicante e, con aria trionfante lo mostrai a Mauro,
era una piccola chiave.
“Fa un po’ vedere!” esclamò Mauro togliendomela di mano.
Ci guardammo intorno per vedere quale porta potesse
aprire, ma a parte la massiccia porta dello studio,
nella cui toppa luccicava una grossa chiave di ottone,
non vedemmo nulla.
Ad un tratto lo sguardo di Mauro si posò sulla piccola
scrivania che arredava lo studio.
“Quasi sempre queste antiche scrivanie hanno qualche
cassetto segreto” disse armeggiando attorno al mobile.
“Eccolo” disse dopo un po’ facendo scorrere un assicella
di legno.
La chiave entrò senza difficoltà nella serratura e, dopo
qualche tentativo, il cassetto si aprì. Dentro c’era
solo un foglietto arrotolato, io e Mauro ci guardammo,
sapevamo di avere pensato la stessa cosa.
“Dai, aprilo” dissi io ansiosa.
Mauro lo srotolò e, come avevamo sperato, comparve la
metà mancante della mappa del duomo. La osservammo con
attenzione e vedemmo che indicava una sorta di passaggio
segreto che dal duomo doveva condurre al Castello di San
Giorgio.
“Dobbiamo avvisare subito Kieran” dissi.
“Ora lo chiamo e gli dico che ci troveremo domani
mattina alle dieci davanti al duomo.”
IL PASSAGGIO
SEGRETO
Alle dieci
eravamo tutti e tre puntuali in Piazza Sordello davanti
al duomo. Mi stupì notare che la facciata era costruita
in stile neoclassico, mentre il fianco destro era in
stile tardo gotico ed il campanile in stile romanico.
“Ha subito molte modifiche” mi disse Mauro che aveva
notato il mio stupore “e c’è un quadro di Domenico
Morone che si intitola La cacciata dei Bonacolsi che
raffigura il duomo com’era nel ‘300”
Avrei voluto rimanere ancora a lungo a rimirare quella
piazza meravigliosa, ma sapevo che non eravamo lì per
fare i turisti.
Entrammo nella chiesa, anche l’interno era molto bello,
lessi che, dopo un incendio verificatosi nel 1545 il
duca Ercole Gonzaga ne aveva affidato la ricostruzione
al famoso architetto Giulio Romano, lo stesso che aveva
progettato Palazzo Te.
“E adesso dove andiamo?” chiesi a Mauro.
Lui prese dalla tasca le due parti della mappa, nella
parte bassa del foglio c’era una scritta molto sbiadita
ma ancora leggibile:
6 DESTRA – 15 AVANTI – 3 DESTRA
Mauro immaginò che fossero delle indicazioni.
“Probabilmente si tratta di passi da contare partendo
dall’ingresso principale del duomo” disse mentre si
avviava alla grande porta centrale.
Contammo attentamente i passi e ci trovammo su una
piastrella che aveva un colore diverso dalle altre, e
questo ci sembrò un buon segno. La piastrella si trovava
molto vicino ad uno dei muri laterali al quale era
accostato un confessionale.
“Credo che dovremmo provare a spostare il confessionale”
disse Kieran.
Per fortuna in chiesa non c’era nessuno, altrimenti
avremmo dovuto dare delle spiegazioni.
Mauro e Kieran spostarono il pesante confessionale.
“Come avevo pensato” disse Kieran.
Dietro al confessionale vi era una apertura nel muro,
era piuttosto stretta, ma sufficiente per lasciare
passare una persona.
“Non vorrete mica che ci infiliamo lì dentro” dissi
presa da un senso di terrore “è buio pesto, potrebbero
esserci dei topi, o dei ragni …”
“Lisi, se non te la senti di venire posso anche capirlo,
lo so che non sei granché coraggiosa” fece Mauro con un
sorriso malizioso.
“Già” gli diede manforte Kieran “è meglio che tu resti
qui, non è roba da femmine”
“E va bene, vengo” dissi stizzita “ma tu Mauro, stai
davanti a me e tu Kieran stai dietro.”
Mauro prese la sua torcia elettrica e incominciammo ad
avanzare, fortunatamente dopo alcuni metri il passaggio
diventava un po’ più largo e così potemmo procedere più
spediti. Camminammo per un tratto piuttosto lungo e in
salita fino a quando finalmente vedemmo un po’ di luce,
che ci fece affrettare il passo.
Quando uscimmo dal tunnel eravamo in una stanza
piuttosto piccola illuminata da una finestra dalla quale
si vedeva il lago.
“Se non sbaglio siamo all’interno del Castello di San
Giorgio” disse Mauro.
Ci guardammo intorno cercando di capire per quale motivo
ci fosse un passaggio segreto che dal duomo conduceva
fino a lì.
“Ehi, guardate qui” disse Kieran.
In una nicchia del tutto in ombra vi era un busto di
bronzo.
“Ma questo è il busto di Andrea Mantegna” disse Mauro.
Con grande attenzione lo sollevammo per portarlo in una
parte più illuminata della stanza. Nel fare ciò ci
accorgemmo che qualcosa era caduto per terra, lo
raccolsi, era un foglio di pergamena che evidentemente
era stato nascosto sotto il basamento della statua.
“Lisi, cosa aspetti leggilo”
“Si” dissi “è scritto a mano, non si legge molto bene,
dice:
Se sei giunto fin qui
significa che hai trovato il mio corpo,
dunque ti prego di eseguire la mia volontà.
Desidero riposare in eterno nella basilica di S. Andrea,
ma non in un luogo qualunque,
bensì nella prima cappella sulla sinistra,
dove chi entra in chiesa potrà fermarsi
e rendere omaggio alla mia memoria.
Desidero inoltre che questo busto in bronzo
che io stesso ho eseguito sia posto accanto a me.
Queste sono le mie ultime volontà.
Andrea Mantegna
Mi accorsi che
le mani mi tremavano, eravamo di fronte ad una scoperta
sensazionale, ora eravamo certi che quello che avevamo
trovato era il corpo di Andrea Mantegna.
Finalmente gli abitanti di Mantova e i visitatori di
tutto il mondo avrebbero potuto rendere omaggio alle
spoglie del celeberrimo artista autore di quadri di
inestimabile valore che aveva celebrato con le sue
splendide opere la grandezza della famiglia Gonzaga.
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